Pensieri in parole
 
Pensieri in Parole
Raccolta di scritti, alcuni dei quali pubblicati su giornali locali o sul mio blog ( http://blog.alice.it/serenity48 ), riguardanti argomenti vari, legati alla vita quotidiana di un'insegnante, in pensione dal 1° settembre 2006 !
1) Lettera al Ministro della Sanità
2) Dieci regole per chi insegna
3) Insegnanti e ......
4) La Principessa sul pisello
La strana forma di nemesi storica che ha avuto, ai miei occhi, l'indignazione del Ministro Veronesi alle parole di Celentano, mi ha suggerito di scrivere il commento allegato.

Questa volta è toccato a Lei sig. Ministro Veronesi ! ….
.. ma non riesco ad essere felice perché, ancora una volta, sono i più deboli che pagano il danno della leggerezza degli altri. Quando "con parole in libertà" il Ministro Veronesi ha detto che molti insegnanti fumavano, o avevano fumato degli spinelli, ho espresso il mio disappunto con una lettera in cui dicevo…
"……… Sono vent'anni che, prendendo spunto dalla disciplina che insegno, illustro agli adolescenti la natura e gli effetti delle sostanze stupefacenti, anche di quelle più leggere, nel tentativo di prevenire il contagio con il fascino del .." tutti lo fanno e perché io no!" che colpisce dieci adolescenti su dieci quando vengono a contatto con il mondo della "Trasgressione". Ora Lei, sig. Ministro, con una sola breve frase, detta magari in sordina, ma amplificata oltre misura dai mass - media, ha tolto ogni credibilità alle mie parole, ogni forza alle mie argomentazioni, ogni voglia di lottare…… Già, lottare ancora perché?…. se il collega, che con me divide la famosa percentuale, è l'esempio vivente di quanto mi sbagli ?!?.. Come confutare la semplice argomentazione …" anche gli insegnanti lo fanno e non succede nulla!". E perché scandalizzarsi se i bimbi di dieci - undici anni fumano marijuana quando anche uno su due dei loro insegnanti lo fa?
Caro sig. Ministro …voglio ringraziarLa per aver azzerato in un attimo il mio lavoro di tanti anni, e per avermi tolto la credibilità, in questo campo, per il futuro. … La statistica è nota per far mangiare pollo anche ai vegetariani, quindi, un'interpretazione più meditata dei dati pervenuti, avrebbe potuto evitare di far nascere dubbi ed incertezze in quella parte di popolazione che deve già combattere con le difficoltà di crescere in un mondo pieno di nuove complessità e di pericoli subdolamente nascosti , magari dietro al fumo…. di una sigaretta…. "………..
Ora la storia si è ripetuta, protagonisti : un vero "personaggio della Scena" come Adriano Celentano e, nuovamente, il Ministro Veronesi. L'argomento è cambiato, dagli spinelli alla donazione d'organi, ma, ancora una volta, forse per mania di protagonismo, forse per leggerezza, forse per un maldestro tentativo di crociata, viene procurato un danno molto grave a chi s'impegna con serietà e dedizione nel tentativo di risolvere un problema. Il punto focale della discussione che ne è seguita, avrebbe dovuto essere non la liceità delle parole, o la mancata censura delle stesse da parte di chi dirige, ma l'opportunità di fare determinate osservazioni, quando la posizione privilegiata offre ampio eco alle proprie opinioni. Esprimere un concetto con parole inadeguate, dà libera scelta alle interpretazioni personali, e, quindi,molto alto il rischio di essere fraintesi. Per questo sarebbe doveroso per chiunque sia in una posizione, per qualche verso, autorevole, sia esso Ministro della Sanità, o Cantante di successo, o Professore alle Medie, usare il filtro dell'opportunità prima di aprire bocca, usando, magari, le lunghe pause nel discorso per tener conto anche dei danni che le parole possono causare, e non solo dei vantaggi per chi le pronuncia.
Anna Gengaro
DIECI REGOLE PER CHI INSEGNA

Chi partecipò all'8' convegno della Divisione di Didattica della SCI (Senigallia, novembre 199 1) ricorderà che in quella occasione fu consegnata al professor Alex Johnstone dell'Università di Glasgow la medaglia intitolata a Gabriello Illuminati, alla sua seconda (e per ora ultima) edizione.
A distanza di sei anni, la decisione di conferire al professor Johnstone la medaglia Illuminati si conferma come una scelta particolarmente felice. Infatti in questo periodo Alex Johnstone si è sempre più affermato come uno dei più autorevoli studiosi nel campo della didattica delle scienze e in particolare della chimica. A conferma di ciò, egli è stato invitato a tenere nel 1998 la prestigiosa FECS Lecture.
L'attività di ricerca del professor Johnstone, si è sempre distinta per essere orientata alla soluzione dei problemi che gli insegnanti incontrano quotidianamente nelle loro classi. La sua può dirsi ricerca applicata nel senso più alto del termine. Una testimonianza recente di questa sua sensibilità per gli aspetti concreti della didattica è rappresentata dalla pubblicazione, sul N. 44 (settembre 1997) della Education Division Newsletter della Royal Society of Chemistry, di un "decalogo didattico" che merita di essere fatto conoscere anche agli insegnanti italiani:

1. Ciò che si apprende dipende da ciò che già si conosce e si capisce.
2. Il modo in cui si apprende è regolato da come si è riusciti ad apprendere con successo nel passato.
3. Per essere efficace, l'apprendimento deve connettersi alle conoscenze e abilità preesistenti arricchendole e ampliandole.
4. La quantità di materiale che può essere trattata nell'unità di tempo è limitata.
5. Per sentirsi a proprio agio il discente ha bisogno di rassicurazione e di retroazione e a tal fine le modalità di valutazione devono essere umane.
6. Si deve tener conto dei differenti stili d'apprendimento e delle diverse motivazioni.
7. Gli studenti devono consolidare il proprio apprendimento interrogandosi su ciò che avviene nelle loro menti.
8. Bisogna dare spazio alla soluzione di problemi veri e propri (non pure e semplici applicazioni di formule), in modo di mettere alla prova e rafforzare i nessi concettuali.
9. Si devono dare occasioni per esercitare la creatività, sostenere le proprie ragioni, mettersi alla prova e fare ipotesi.
10. Si devono dare occasioni per insegnare e spiegare (non si conosce realmente un argomento finché non lo si ha insegnato).

Le prime quattro regole sono per Johnstone "assolutamente fondamentali, e l'insegnante che le ignora lo fa' a proprio rischio e pericolo". La prima riecheggia la spesso citata massima di Ausubel ("il più importante fattore singolo che influenza l'insegnamento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertatele e comportatevi in conformità nel vostro insegnamento"), che a sua volta rimanda, con un salto indietro di due secoli, alla metafora dei pedagogista svizzero Pestalozzi ("Per condurre qualcuno non importa dove, bisogna prenderlo dove egli è").
Mentre le due regole successive non hanno bisogno di essere commentate, la quarta richiede qualche chiarimento. Essa è principalmente il risultato delle ricerche di Johnstone sugli effetti di un sovraccarico di informazione in presenza di una struttura concettuale ancora embrionale nella mente dello studente. Nel 1983 Johnstone pubblicò sul Journal of Chemical Education (60, 968) un articolo (poi pubblicato anche su CnS (1 984, p. 83) in italiano) che meriterebbe ancor oggi di essere letto e meditato, in particolare dai propugnatori dei cosiddetti corsi intensivi nell'università. Dopo la presentazione e discussione dei risultati di varie ricerche, l' articolo si conclude con queste parole: "Offrire allo studente una grande massa di informazioni quando i suoi concetti sono ancora primitivi gli impedisce di raggruppare e di maneggiare le informazioni stesse di coi ha bisogno per sviluppare i concetti. Tutti gli argomenti considerati difficili dagli studenti che noi abbiamo analizzato portano il marchio di questo processo di sovraccarico". Le rimanenti sei regole sono, nelle parole di Johnstone. "corollari che ci aiutano a pensare in qual modo tener conto delle prime quattro". La settima regola sembra, a prima vista, destinata agli studenti piuttosto che agli insegnanti. In realtà l'esperienza insegna che sono molto rari gli studenti capaci di riflettere sulla propria attività di apprendimento, cioè di giungere autonomamente al livello metacognitivo; è necessario perciò che il docente li stimoli e li assista in questo sforzo. Infatti Johnstone aggiunge: "Applicando le presenti idee si possono ottenere tangibili miglioramenti nell'apprendimento. Se poi l'insegnante le partecipa esplicitamente ai propri studenti. il miglioramento si accresce ulteriormente. Gli insegnanti sono dei discenti più esperti, e le loro conoscenze su come s'impara una materia sono qualcosa di cui gli studenti hanno bisogno almeno quanto dell'informazione fattuale.
Il decalogo di Johnstone è fondato su molti anni di studio e di ricerca, e perciò dovrebbe essere preso sul serio dagli insegnanti di materie scientifiche di ogni grado scolastico, non escluso quello universitario. Sappiamo tutti che il rendimento del nostro lavoro di docenti - inteso come rapporto tra quanto recepisce lo studente medio e quanto cerchiamo di trasmettergli - piuttosto basso: qualcuno lo ha paragonato al rendimento delle prime macchine a vapore. Certi insegnanti si mettono in pace la coscienza pensando che lo studente medio è stupido e/o svogliato, ma io sospetto che, a parte qualche caso limite, questa sia soprattutto una comoda scappatoia. Grazie a decenni di ricerca e di sperimentazione sul campo, il rendimento delle macchine termiche si è molto avvicinato al limite teorico dettato dalla termodinamica. E' ragionevole pensare che, con un analogo sforzo di ricerca e di sperimentazione , anche il rendimento dell'attività degli insegnanti possa fare progressi sostanziali.


Paolo Mirone
(Dipartimento di Chimica dell'Università di Modena )

(da La Chimica nella Scuola n° 1 , 1998 )
Insegnanti e “luoghi comuni”

C’è una frase che mi perseguita da quando ho cominciato a lavorare come insegnante nelle scuole medie superiori :
-” Beati voi che lavorate solo mezza giornata!”
Le persone che proferiscono queste parole entrano immediatamente nella mia lunga lista dei superficiali, di quelli che vivono con le frasi fatte, che parlano solo per sentito dire, che non riflettono prima di parlare, lista che, ormai è cambiata in “quelli che non dicono la fatidica frase” perchè l’altra era troppo lunga.
Anch’io un tempo pensavo che stare dall’altra parte della cattedra fosse una pacchia,- “io comando e tu ubbidisci!”- e i giochi sono fatti! Già! Ma non tenevo conto del fatto che davanti a me ci sarebbero stati almeno una ventina di adolescenti, nella maggior parte maschi, affetti dalla nota sindrome della “stupidità temporanea” mescolata con sprazzi di “delirio d’onnipotenza” che li portano ad essere totalmente imprevedibili e incredibilmente incoscienti. Non pensavo certo alla lotta tra volontà: quella dell’insegnante che vuole “far fare” e quella dello studente che “non vuole fare”!
Avete (o avete avuto) dei figli adolescenti? Provate a convincerli a fare come dite voi! Il meglio che vi possa capitare è una lunga, interminabile, accesa discussione! Ed alla fine.. un compromesso! Nessuno è più testardo di un adolescente!
Ed allora pensate di averne una ventina difronte, provate a convincerli che stare seduti, magari composti, per qualche ora è normale, provate a catturare la loro attenzione, magari con un artificio, e poi teneteli legati alle vostre parole per almeno mezz’ora, senza usare né armi da fuoco, né argomenti quali il sesso o le loro bravate, ed al termine del discorso chiedete loro di quale argomento avete parlato e che cosa hanno capito, avrete così una pallida idea di cosa vuol dire insegnare.
Non mi riferisco certo a quella piccola parte della popolazione adolescenziale che arde dal desiderio d’imparare, che, generalmente, frequenta le scuole “nobili”, emergendo, anche in queste, dal gruppo classe, parlo di tutte gli altri adolescenti “normali”, che frequentano tutte le altre scuole, “nobili e non”, che arrivano la mattina con il problema di tirare l’una senza essere costretti a mettere in funzione i loro neuroni, o, per meglio dire, mettendoli in funzione per trovare il modo per combinarne “qualcuna di spettacolare”, per poi scaricarne la colpa sulla vittima della classe. La loro tabella di marcia è:
§ Prima dell’inizio : sigaretta, chiacchierata, scopiazzatura dei compiti
§ Prima ora : rielaborazione dei residui di sonno per un pisolino ristoratore
§ Fino all’intervallo : evitare accuratamente di ascoltare, seguire, e, sopratutto, il controllo diretto dei compiti o di essere interrogati
§ Appena possibile, a qualsiasi ora, uscire per andare al bagno e non arrivarci mai
§ Intervallo : farlo durare il più a lungo possibile
§ Dopo l’intervallo : cercare di non essere svegliati dal sonno profondo altrimenti, nel pomeriggio quando si deve uscire con gli amici, si è stanchi.
Chi è l’insegnante ? Quel tipo che deve distruggere tali propositi, evitando accuratamente di farsi odiare, perchè rischia di ottenere il “muro di gomma”, e catturare la loro attenzione, per poi tenerla viva per almeno mezz’ora! E questo per più ore ogni giorno.
Ho sempre pensato che un attore viene definito “grande” quando, per due o tre ore, tiene viva l’attenzione di una platea che ha pagato per vederlo, mentre il docente è colui che deve tener viva per più ore l’attenzione di una platea che pagherebbe per non vederlo, ed alla fine viene definito “quello che lavora poco”.
Non voglio mettere nel conto del tempo dedicato al lavoro d’insegnante la preparazione delle lezioni, perchè è una parte che mi diverte permettendomi di scoprire sempre cose nuove o non notate prima, né la correzione dei compiti, perchè spesso è ripagate dalle risate per la “barzelletta del secolo”, (come quella che mi capita sovente dei “ 25 millilitri che corrispondono a 25000 litri “ ai cui autori consiglio una verifica pratica provando a .. berli!).
Nel conto metto solo lo sforzo di aiutare a crescere, umanamente ed intellettualmente, quei ragazzi che attraversano la fase della vita durante la quale i genitori, spesso, non sanno a che santo votarsi, cercando di trovare l’equilibrio tra le difficoltà di tutti i giorni, perchè anche gli insegnanti hanno una vita da far quadrare come tutti gli altri, e l’impegno nei confronti di quel lavoro che non ti offre che raramente il piacere di vederne i risultati, poiché quando l’adolescente matura, passa ad altri uffici.
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La principessa sul pisello

Ci sono persone che vivono in un loro mondo asettico, a Roma direbbero “con la puzza sotto al naso”. Solitamente camminano erette, con lo sguardo pronto al ribrezzo, per ogni parvenza d’inferiorità in coloro che li circondano. Son persone che vantano la loro fragilità nei confronti di qualsiasi impegno, che giudichino non adatto al loro “livello”, salvo poi a tirar fuori le unghie se obbligati al dovere.
Io che vivo sporcandomi le mani se necessario, sudando per il lavoro, e non trovando mai disdicevole qualunque funzione, ad esclusione di quelle contrarie alla mia severa morale, non sopporto “fisicamente” coloro che si atteggiano a membri di stirpe reale! Fermo restando che , come diceva mio nonno buonanima :
”Sia papa, sia re, quando fan la cacca, son tutti come te, bimba mia!” , insegnandomi a rispettare chiunque e pretendere rispetto da chiunque.
Purtroppo, queste persone, che non mancano mai negli ambienti di lavoro, con la sensibilità occupata esclusivamente nella tutela di loro stessi, passano come blindati sulle fragili anime degli adolescenti, creando in molti casi danni profondi, di cui non si renderanno mai conto, perché il loro comportamento può imprimere una svolta alla vita dei ragazzi, impossibile da verificare, se non con il “senno di poi”, quando la persona, ripensando a quei momenti, capisce che le scelte operate per rabbia, hanno portato ad un cammino non sempre corretto.
…… Una bidella mi avverte che un allievo sta prendendo a pugni il muro al primo piano, quando entra nella stanza una collega, con la faccia scura e nello sguardo una collera vibrante per l’offesa, e, porgendomi il registro di classe mi dice :
“Lo stavo interrogando, e non sapeva rispondere a una cosa semplice, lo so che ha dei problemi, ma era semplice, ed io l’ho guardato come per dire “come fai a non sapere..” ed allora lui ha cominciato a dire che, facendo così, gli tolgo la voglia di studiare, e poi ha cominciato ad inveire dicendo “figa”, poi gli ho messo la nota ed è uscito inveendo ancora….Adesso vedi tu i provvedimenti.. bisogna sospenderlo..”..
Prendo il registro, leggo la nota, e mi appresto ad occuparmi del problema .
La collega esce ed entra un ragazzo alto e magro, con lo sguardo timoroso, ma dritto e con il colore della tristezza dovuta all’inevitabile. (In tanti anni, guardando negli occhi migliaia di persone, ho imparato a leggere lo sguardo come colore).
“Allora, dimmi esattamente quello che è successo, voglio sapere quello che hai visto tu, indipendentemente da quello che è scritto e mi ha detto la collega”.
Il ragazzo prima con ritrosia, poi con sempre maggior fiducia, mi racconta tra le lacrime la stessa storia, ma vista dalla sua parte, con il classico intercalare di queste zone, cioè quel “figa”, che ha perso di significato, rimanendo solo un bisillabico inserto per rafforzare la frase detta. Racconta le sue difficoltà di relazione con gli altri, difficoltà di bloccare gli accessi di rabbia, difficoltà di parlare in generale, con poche eccezioni, gli sforzi fatti per cambiare la situazione, il tutto consumando fazzoletti su fazzoletti, per asciugare le lacrime di quegli occhi sempre fieramente dritti nei miei. Non chiede nulla, solo un po’ di comprensione per i suoi sforzi, ammette le sue colpe, ma racconta di come tutto sia nato dall’atteggiamento sprezzante dell’insegnante, e di come la reazione sia avvenuta solo all’esterno della classe e rivolta a se stesso, con i pugni al muro.
La mia esperienza mi permette di capire che quel racconto è la verità, che non c’è arroganza, ma problematica. Parlando con lui, cerco di fargli capire come sia necessario affrontare il nodo dei freni inibitori, per quanto riguarda gli scatti di rabbia, e gli prometto di interessarmi affinché la punizione non sia troppo dura.
Il giorno seguente parlo con alcuni docenti, che mi confermano le difficoltà e la voglia di cambiare del ragazzo, quindi cerco di indurli ad un atteggiamento positivo nei suoi confronti. Ma una serie di malintesi, portano alla riunione di un consiglio di classe che, con il peso della collega offesa da un intercalare dialettale, incapace di vedere l’aspetto umano del ragazzo, perché impegnata nel detergere il sudore della fatica fatta per insegnare ciò che non è stato appreso, con l’appoggio di altre menti eccelse, che sono solo docenti, e mai potranno diventare educatori, neppure per i loro figli, viene decisa un sospensione dalle lezioni più dura di quanto da me suggerito.
Sono cosciente che non posso salvare il mondo, ma subisco, ancora una volta, la frustrazione per non essere riuscita a far capire che, spesso, è necessario usare pesi e misure diverse a seconda delle situazioni, e che per insegnare bisogna saper “comunicare”, e questo vuol dire anche usare il cuore, oltre che il cervello, e la conoscenza.
Nei giorni successivi, alla fine di una discussione in cui protestavo per l’accaduto, sono stata “accusata” di proteggere gli allievi. Ho risposto che era la verità, e ne ero orgogliosa, perché ciò faceva di me un’educatrice, oltre che una docente, mentre chi non lo capiva non era degno del mio interesse.

Considerazioni ……. (a seguito della “principessa sul pisello” … solo ora mi accorgo del doppio senso del titolo! Ma sono una signora!)
Ci sono persone che vivono in un loro mondo asettico, a Roma direbbero “con la puzza sotto al naso”. Solitamente camminano erette, con lo sguardo pronto al ribrezzo, per ogni parvenza d’inferiorità in coloro che li circondano. Son persone che vantano la loro fragilità nei confronti di qualsiasi impegno, che giudichino non adatto al loro “livello”, salvo poi a tirar fuori le unghie se obbligati al dovere.
Io che vivo sporcandomi le mani se necessario, sudando per il lavoro, e non trovando mai disdicevole qualunque funzione, ad esclusione di quelle contrarie alla mia severa morale, non sopporto “fisicamente” coloro che si atteggiano a membri di stirpe reale! (Fermo restando che , come diceva mio nonno buonanima :
”Sia papa, sia re, quando fan la cacca, son tutti come te, bimba mia!” , insegnandomi a rispettare chiunque e pretendere rispetto da chiunque.)
Purtroppo, queste persone, che non mancano mai negli ambienti di lavoro, con la sensibilità occupata esclusivamente nella tutela di loro stessi, passano come blindati sulle fragili anime degli adolescenti, creando in molti casi danni profondi, di cui non si renderanno mai conto, perché il loro comportamento può imprimere una svolta alla vita dei ragazzi, impossibile da verificare, se non con il “senno di poi”, quando la persona coinvolta, ripensando a quei momenti, capisce che le scelte operate per rabbia, hanno portato ad un cammino non sempre corretto, mentre il “carnefice” continuerà, indefesso, a sputare sentenze e giudicare gli altri appartenenti al “popolo cencioso e cane”!
Giustizia vuole, però che quanto vien dato sia restituito, ed allora un attenta disamina del livello di considerazione di cui godono i suddetti umanoidi, ribilanci la situazione, infatti lontano da orecchie indiscrete, la ridicolizzazione dei loro atteggiamenti e modi di parlare, raggiunge livelli eccelsi, e, nel contempo, il livore nei loro confronti non si sopisce nel tempo, ma aumenta, fino al disprezzo dichiarato dopo anni.

RICONOSCENZA
- Fateme largo! – comandò un Mijardo
A un Quatrinello che je stava intorno –
Ormai ciò un nome e merito riguardo.
- Lo so : - disse er Centesimo –
Ancora me ricordo de quer giorno
Che te tenni a battesimo…..
Trilussa 1937